Dichiarazione sulla situazione attuale della musica sacra
“Cantate Domino canticum novum, cantate Domino omnis terra” (Salmo 96): questo cantare alla gloria di Dio è risuonato per l’intera storia della Cristianità, dall’inizio al giorno presente. La Sacra Scrittura e anche la Sacra Tradizione sono testimonianza del grande amore per la bellezza e per il potere della musica nel culto dovuto a Dio onnipotente. Il patrimonio della musica sacra è stato sempre considerato come cosa preziosa nella Chiesa Cattolica dai suoi santi, teologi, pontefici e dai suoi fedeli laici.
Questo amore e familiarità con la musica è testimoniato da tutta la letteratura Cristiana e in molti documenti che i Papi hanno dedicato alla musica sacra, dalla “Docta Sanctorum Patrum” (1324) di Giovanni XXII alla “Annus Qui” (1749) di Benedetto XIV, giù fino al Motu Proprio “Tra le sollecitudini” (1903) di San Pio X, la “Musicae Sacrae Disciplina” (1955) di Pio XII, il Chirografo sulla Musica Sacra (2003) di San Giovanni Paolo II, e via dicendo. Questa vasta documentazione ci fa presente in modo molto forte che l’importanza e il ruolo della musica nella liturgia deve essere considerato molto seriamente. Questa importanza è collegata con la profonda connessione tra la liturgia e la musica, una connessione che va in due direzioni: una buona liturgia permette musica di altissimo livello, ma uno standard basso di musica per la liturgia influisce tremendamente sulla liturgia stessa. Non può essere dimenticata l’importanza ecumenica della musica, quando sappiamo che altre tradizioni cristiane – come gli Anglicani, i Luterani e gli Ortodossi – hanno grande considerazione per l’importanza e la dignità della musica sacra, come testimoniato dai loro patrimoni gelosamente custoditi.
Stiamo celebrando un importante evento, il cinquantesimo anniversario della promulgazione dell’Istruzione sulla musica nella liturgia “Musicam Sacram” (5 marzo 1967) sotto il pontificato del Beato Paolo VI. Leggendo oggi il documento, non possiamo fare a meno di pensare alla “via dolorosa” della musica sacra nei decenni che hanno seguito la “Sacrosanctum Concilium“. Infatti, quanto è accaduto in alcune fazioni nella Chiesa a quel tempo (1967), non era per nulla in linea con la “Sacrosanctum Concilium” o con “Musicam Sacram“. Certe idee che non erano mai state presenti nei documenti del Concilio sono state imposte nella pratica liturgica, a volte con la complicità di una mancanza di vigilanza da parte del clero e della gerarchia ecclesiastica. In alcuni paesi il patrimonio della musica sacra, che il Concilio aveva chiesto venisse preservato, non solo non è stato preservato ma è stato anche combattuto. E questo certamente contro il Concilio, che aveva chiaramente affermato:
«La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d’inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell’arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne. Il canto sacro è stato lodato sia dalla sacra Scrittura, sia dai Padri, sia dai romani Pontefici; costoro recentemente, a cominciare da S. Pio X, hanno sottolineato con insistenza il compito ministeriale della musica sacra nel culto divino. Perciò la musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all’azione liturgica, sia dando alla preghiera un’espressione più soave e favorendo l’unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri. La Chiesa poi approva e ammette nel culto divino tutte le forme della vera arte, purché dotate delle qualità necessarie» (112).
La situazione attuale
Alla luce del pensiero della Chiesa così frequentemente espresso, noi non possiamo evitare di essere preoccupati per la situazione attuale della musica sacra, che è quantomeno drammatica, con abusi nel campo della musica sacra che sono ora la norma, piuttosto che l’eccezione. Noi riassumeremo qui alcuni di questi elementi che contribuiscono allo stato presente di desolazione in cui versa la musica sacra nella liturgia.
- C’è stata una mancanza di comprensione dell'”aspetto musicale della liturgia”, cioè, che la musica è una parte integrale della vera essenza della liturgia come pubblico, formale e solenne culto a Dio. Noi non dobbiamo semplicemente cantare durante la Messa, ma cantare la Messa. Quindi, come “Musicam Sacram” stessa ci ricorda, le parti che spettano al celebrante dovrebbero essere cantillate usando i toni contenuti nel Messale, con l’assemblea che risponde a queste parti; il canto dell'”Ordinarium Missae” in canto gregoriano o in musica ad esso ispirato dovrebbe essere incoraggiato; e anche ai Propri della Messa dovrebbe essere dato un posto d’onore che anche significhi la loro importanza storica, la loro funzione liturgica e la loro profondità teologica. Un approccio simile si applica anche al canto nell’ufficio divino. Sarebbe un mostrare una specie di vizio di “inedia liturgica” il non cantare la liturgia, usando solo “musica di consumo” piuttosto che musica sacra, rifiutare di educarsi o di educare gli altri nella tradizione della Chiesa e nelle sue direttive, mettendo poco o nessuno sforzo per l’edificazione di un programma dignitoso di musica sacra.
- Questa mancanza di comprensione liturgica e teologica va insieme con l’aver abbracciato il secolarismo. Il secolarismo di stili musicali pop ha contribuito alla desacralizzazione della liturgia e allo stesso tempo il secolarismo dettato dalle esigenze di profitto di un certo tipo di mercato ha favorito l’imposizione di mediocri repertori di musica per le parrocchie. Ha incoraggiato un antropocentrismo nella liturgia che mette in pericolo la vera natura della stessa. In ampi settori della Chiesa al giorno d’oggi c’è una relazione scorretta con la cultura, che può essere vista come una “rete di connessioni”. Nell’attuale situazione della musica liturgica (e della liturgia in se stessa, perché le due sono legate), noi abbiamo interrotto questa rete di connessioni con il nostro passato e abbiamo provato a collegarci ad un futuro che però non ha significato senza contatto con il suo passato. Oggi la Chiesa non sta attivamente usando la sua ricchezza culturale per evangelizzare, ma è piuttosto essa stessa usata da una cultura secolarizzata, nata in opposizione alla Cristianità, che destabilizza quel senso di adorazione che è al cuore della fede Cristiana.
Papa Francesco, nella sua omelia per la festa del Corpus Domini (4 giugno 2015) ha parlato dello “stupore della Chiesa davanti a questa realtà [della Santa Eucaristia]. Uno stupore che alimenta sempre la contemplazione, l’adorazione e la memoria”. In molte delle nostre Chiese in giro per il mondo, dove è oramai questo senso di contemplazione, adorazione e stupore per il mistero dell’Eucaristia? Esso è perduto perché oramai stiamo vivendo una sorta di Alzheimer spirituale, una malattia che ci sta strappando le nostre memorie teologiche, artistiche, musicali e culturali. È stato affermato che noi dovremmo introdurre la cultura di ogni popolo nella liturgia. Questo potrebbe essere giusto, se compreso correttamente, ma non nel senso che la liturgia (e la sua musica) debba divenire il luogo dove esaltare una cultura secolare. Essa è un luogo dove la cultura, ogni cultura, deve essere trasportata a un altro livello e purificata. - Ci sono gruppi che spingono per un “rinnovamento” che non riflette l’insegnamento della Chiesa ma serve solo la propria agenda, visione del mondo e interessi. Questi gruppi hanno alcuni dei loro membri in importanti posti di comando, da dove possono mettere in pratica i loro piani, la loro idea di cultura e il modo in cui noi dovremmo avere a che fare con tematiche di attualità. In alcuni paesi potenti lobby hanno contribuito alla sostituzione “de facto” di repertori liturgici fedeli alle direttive del Vaticano II con repertori di bassa qualità. Quindi siamo finiti con repertori di nuova musica liturgica di qualità molto bassa, sia per quello che riguarda il testo, sia per quello che riguarda la musica. Questo è comprensibile quando riflettiamo sul fatto che nulla che ha valore duraturo può venire da una mancanza di formazione e perizia, specialmente quando questa gente non si cura dei saggi insegnamenti contenuti nella tradizione della Chiesa: «Per tali motivi il canto gregoriano fu sempre considerato come il supremo modello della musica sacra, potendosi stabilire con ogni ragione la seguente legge generale: tanto una composizione per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nell’andamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto è meno degna del tempio, quanto più da quel supremo modello si riconosce difforme» (San Pio X, Motu Proprio “Tra le sollecitudini“). Oggi questo “supremo modello” è spesso scartato, se non disprezzato. L’intero Magistero della Chiesa ci ha ricordato l’importanza di aderire a questo importante modello, non come una maniera di limitare la creatività ma come una base su cui l’ispirazione può fiorire. Se desideriamo che i fedeli si mettano alla sequela di Gesù, noi dobbiamo preparare per loro la “casa” con il meglio che la Chiesa può offrire. Noi non li invitiamo nella nostra casa, la Chiesa, per dare loro un sottoprodotto musicale e artistico, quando essi possono trovare un più accattivante stile pop al di fuori di essa. La liturgia è un “limen“, una soglia che ci permette di passare dalla nostra esistenza quotidiana alla celebrazione con gli angeli: “Et ideo cum Angelis et Archangelis, cum Thronis et Dominationibus, cumque omni militia cælestis exercitus, hymnum gloriæ tuæ canimus, sine fine dicentes…“.
- Questo disprezzo per il canto gregoriano e i repertori tradizionali è un segno di un problema più grande, quello del disprezzo per la Tradizione. La “Sacrosanctum Concilium” insegna che l’eredità artistica e musicale dovrebbe essere rispettata e tenuta in grande conto, perché rappresenta secoli di culto e preghiera, ed è una espressione dei più alti vertici della creatività e spiritualità umana. C’era un tempo in cui la Chiesa non aveva necessità di rincorrere l’ultima moda, ma era creatrice ed arbitro della cultura. La mancanza di impegno a difendere la tradizione ha messo la Chiesa e la sua liturgia su sentieri incerti e tortuosi. La tentata separazione del Vaticano II dagli insegnamenti precedenti della Chiesa è un vicolo cieco, e l’unico modo per uscirne è l’ermeneutica della continuità, sostenuta dal Papa Benedetto XVI. Recuperare l’unità, integrità e armonia nella dottrina Cattolica è la condizione per riportare la musica e la liturgia alla loro condizione più nobile. Papa Francesco ci ha insegnato nella sua prima enciclica: “La conoscenza di noi stessi è possibile solo quando partecipiamo a una memoria più grande” (“Lumen Fidei” 38).
- Un’altra causa di decadenza della musica sacra è il clericalismo, l’abuso di posizioni e di “status” da parte del clero. Il clero, che è al giorno d’oggi spesso poveramente educato nella grande tradizione della musica sacra, continua a prendere decisioni sul personale da impiegare e sulle direttive da offrire, contravvenendo spesso lo spirito autentico della liturgia e il rinnovamento della musica sacra, così richiesto ai nostri giorni. Più che spesso alcuni membri del clero contraddicono gli insegnamenti del Vaticano II in nome di un supposto “spirito del Concilio“. C’è da aggiungere che, specie in paesi di antica tradizione Cristiana, gli stessi membri del clero hanno spesso accesso a posizioni nell’ambito musicale-liturgico che sono precluse al laicato, quando ci sono musicisti laici pienamente capaci di offrire un servizio di qualità uguale o anche superiore alla Chiesa.
- Notiamo anche un problema di compensi inadeguati (a volte, ingiusti) per i musicisti laici. L’importanza della musica sacra nella liturgia Cattolica richiede che almeno alcuni membri della Chiesa, in ogni angolo del mondo, siano ben educati e tecnicamente ben equipaggiati, così da potere servire il popolo di Dio in questo campo. Non è forse vero che dovremmo dare a Dio il nostro meglio? Nessuno sarebbe sorpreso o disturbato nel sapere che i medici hanno bisogno di un salario per sopravvivere, nessuno accetterebbe cure mediche da un volontario senza adeguata preparazione: i sacerdoti hanno il loro salario, perché non possono vivere se non mangiano, e se non mangiano non sarebbero in grado di preparare se stessi nelle scienze teologiche o in grado di dire Messa con la dovuta dignità. Se paghiamo i fiorai e i cuochi che aiutano nelle parrocchie, perché sembra strano che coloro che svolgono attività musicale per la Chiesa possano avere diritto ad un giusto compenso (vedi canone 231)?
Proposte per un cambiamento positivo
Può sembrare che ciò che abbiamo detto sia pessimistico, ma noi manteniamo la speranza che c’è una via per uscire da questo inverno. Le seguenti proposte sono offerte “in spiritu humilitatis“, con l’intenzione di recuperare la dignità della liturgia e della sua musica nella Chiesa.
- Come musicisti, sacerdoti, studiosi e Cattolici che amano il canto gregoriano e la sacra polifonia, così frequentemente lodati e raccomandati dal Magistero, chiediamo per una riaffermazione di questa eredità, insieme con le composizioni sacre moderne in lingua latina o vernacolare che siano anche esse ispirate a questa grande tradizione; e chiediamo passi concreti per promuoverla ovunque, in ogni Chiesa in giro per il mondo, così che tutti i Cattolici possano cantare le lodi di Dio con una voce, una mente, un cuore, una cultura comune che trascenda tutte le differenze. Noi chiediamo anche una riaffermazione dell’importanza unica dell’organo a canne per la sacra liturgia, per la singolare capacità che ha di elevare i cuori al Signore e per l’essere perfettamente adatto per sostenere il canto dei cori e delle assemblee.
- Sembra necessario che l’educazione al buon gusto per la musica e la liturgia possa cominciare da giovanissimi. Spesso alcuni educatori senza preparazione musicale pensano che i bambini e le bambine non siano in grado di apprezzare la vera arte. Questo è lontano dalla verità. Usando una pedagogia che li aiuterà ad avvicinarsi alla bellezza della liturgia, i bambini e le bambine possono essere nutriti in un modo che fortificherà il loro spirito, perché sarà offerto loro un pane spirituale nutriente e non l’apparentemente gustoso ma insalubre pane di origine industriale (come succede quando nelle “Messe per i bambini” sono presentate musiche di chiara derivazione pop). Abbiamo notato per esperienze personali che quando i bambini sono esposti a questi repertori ispirati alla tradizione, cominciano ad apprezzarli e a sviluppare una connessione più profonda con la Chiesa.
- Se è vero che i giovanissimi devono essere messi in grado di poter apprezzare la bellezza della musica e dell’arte, se devono comprendere l’importanza della liturgia come “fons et culmen” della vita della Chiesa, è anche vero che dobbiamo anche avere un laicato protagonista nella vita della Chiesa e che ne segua il Magistero. Dobbiamo dare spazio a musicisti laici ben formati in aree che hanno a che fare con l’arte e la musica. Essere un musicista competente per la liturgia richiede anni di studio. Questo status “professionale” deve essere riconosciuto, rispettato e promosso nella pratica. Parlando di questo, noi speriamo sinceramente che la Chiesa continui a lavorare contro ovvie e sottili forme di clericalismo, così che anche il laicato possa offrire il suo pieno contributo in aree dove l’ordinazione al sacerdozio non è un requisito indispensabile.
- Una insistenza su repertori di più altro livello e su personale professionalmente più preparato dovrebbe essere specialmente rafforzata per ciò che riguarda Cattedrali e Basiliche. I Vescovi in ogni diocesi dovrebbero assumere almeno un maestro di cappella ben preparato e/o un’organista, che dovrebbero seguire chiare direttive su come eseguire musica liturgica eccellente nella cattedrale o basilica e dovrebbero offrire un esempio luminoso su come combinare lavori della grande tradizione con appropriate nuove composizioni. Pensiamo che un principio solido per questo sarebbe di seguire quello che è richiesto dalla Sacrosanctum Concilium: “Infine non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della Chiesa, e con l’avvertenza che le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti” (23).
- Suggeriamo che in ogni Basilica e Cattedrale ci sia un incoraggiamento per una messa settimanale celebrata in latino (in una delle forme del Rito romano) così da mantenere il contatto che abbiamo con la nostra eredità liturgica, culturale, artistica e teologica. Il fatto che molti giovani oggi stiano riscoprendo la bellezza del latino nella liturgia è sicuramente un segno dei tempi e ci spinge a seppellire le battaglie del passato per cercare un approccio più “Cattolico”, che ci porti in dote l’eredità di tutti i secoli della liturgia Cattolica. Con il facile reperimento di libri, opuscoli e risorse in internet, non sarà difficile facilitare la partecipazione attiva di coloro che desiderano partecipare a liturgie in latino. Inoltre, ogni parrocchia dovrebbe essere incoraggiata ad avere una Messa pienamente cantata ogni domenica.
- L’istruzione nella liturgia e nella musica del clero dovrebbe essere una priorità per i Vescovi. Il clero ha la responsabilità di imparare e far pratica delle melodie liturgiche, seguendo “Musicam Sacram” e altri documenti; essi dovrebbero essere in grado di poter cantillare le preghiere della liturgia, non soltanto di recitare le parole. Nei seminari e nelle università dovrebbero divenire familiari con la grande tradizione della musica sacra nella Chiesa e apprezzarla, in armonia con il Magistero e seguendo i solidi principi che troviamo in Matteo 13, 52: “Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche“.
- Nel passato, gli editori cattolici hanno giocato un ruolo importante nel diffondere buoni esempi di musica sacra, dei maestri del passato e nuova. Oggi gli stessi editori, anche se appartengono a diocesi o istituzioni religiose, spesso diffondono musica non adatta per liturgia, seguendo considerazioni soltanto di natura commerciale. Molti fedeli Cattolici pensano che quello che gli editori più conosciuti offrono sia in linea con la dottrina della Chiesa Cattolica su musica e liturgia, ma spesso non è così. Gli editori cattolici dovrebbero avere come primo scopo quello di educare i fedeli nella sana dottrina Cattolica e dare buone direttive liturgiche, non quello di fare soldi.
- La formazione dei liturgisti è anche fondamentale. Così come i musicisti devono capire gli elementi essenziali della storia e della teologia della liturgia, così anche i liturgisti dovrebbero essere educati nel canto gregoriano, nella polifonia e nell’intera tradizione della Chiesa, così da poter discernere tra ciò che è buono e ciò che è cattivo.
Conclusione
Papa Francesco, nella sua enciclica “Lumen Fidei“, ci ha ricordato il modo in cui la fede connette passato e futuro:
«È vero che, in quanto risposta a una Parola che precede, la fede di Abramo sarà sempre un atto di memoria. Tuttavia questa memoria non fissa nel passato ma, essendo memoria di una promessa, diventa capace di aprire al futuro, di illuminare i passi lungo la via. Si vede così come la fede, in quanto memoria del futuro, memoria futuri, sia strettamente legata alla speranza» (LF 9).
Questo ricordo, questa memoria, questo patrimonio che è la nostra tradizione Cattolica non è qualcosa del passato soltanto. È ancora una forza vitale nel presente, e sarà sempre un dono di bellezza per le generazioni future. “Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose grandiose, ciò sia noto in tutta la terra. Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion, perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele” (Is 12, 5-6).